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lunedì 16 dicembre 2013

UN ATTO MAFIOSO CONTRO L'ULIVETO DI ANDREA NATALE A FOSSACESIA (CH)

   

UN ATTO MAFIOSO CONTRO L'ULIVETO DI ANDREA NATALE A FOSSACESIA (CH)
L'ambientalismo abruzzese non deve mollare di fronte alle intimidazioni! 

Il massacro degli ulivi. foto di Andrea Natale
Il massacro degli ulivi. foto di Andrea Natale


La delegazione nazionale del CONALPA (Coordinamento Nazionale Alberi e Paesaggio) e l'organizzazione regionale Pro Natura Abruzzo condannano aspramente ilmassacro di 29 alberi di ulivo di proprietà di Andrea Natale, Assessore al Comune di Fossacesia (CH) e direttore della Riserva Naturale Regionale "Lecceta di Torino di Sangro". Si tratta di un atto mafioso e intimidatorio contro l'operato di Andrea Natale da sempre impegnato in attività ambientaliste nell'area Frentana e sulla Costa dei Trabocchi.


Il massacro degli ulivi. foto di Andrea Natale
Il massacro degli ulivi. foto di Andrea Natale


 I 29 ulivi avevano un grande valore affettivo come scrive lo stesso Andrea Natale: "Stamattina un amico mi ha chiamato per avvertirmi di una cosa che ho sperato non fosse vera finchè i miei occhi non l'hanno dovuta vedere. 29 alberi di ulivo, alcuni della mia stessa età, alcuni più giovani, piantati e con fatica accuditi da mio Padre che li ha lasciati a mia sorella e a me, erano stati TAGLIATI. TAGLIATI e LASCIATI come monito sul campo. 29 insulti alla memoria di mio Padre. Chi ha fatto questo non è degno neanche di essere chiamato persona."


Il massacro degli ulivi. foto di Andrea Natale
Il massacro degli ulivi. foto di Andrea Natale


Tale atto intimidatorio è un'ulteriore testimonianza di un territorio sotto attacco, di un ambientalismo abruzzese che è colpito nel cuore, di una situazione esplosiva nell'area Frentana da sempre nell'occhio del ciclone per speculazioni e deriva petrolifera. Di fronte a questi gesti criminali noi ambientalisti non dobbiamo abbassare la testa ma anzi unificare le forze e far sentire la nostra presenza sul territorio.


Il massacro degli ulivi. foto di Andrea Natale
Il massacro degli ulivi. foto di Andrea Natale


E' necessario lavorare per creare un fronte unico, lasciando da parte antiche diatribe e incomprensioni. I criminali vincono e la fanno franca di fronte alla divisione. L'Abruzzo non sarà MAI terra di conquista e di saccheggio di pochi barbari.  Siamo vicini e solidali con l'amico degli alberi e compagno di battaglie Andrea Natale. E saremo sempre più forti e uniti contro il degrado dell'Abruzzo. 


Alberto Colazilli
Presidente Coordinamento Nazionale Alberi e Paesaggio


Piera Lisa Di Felice
Coordinatrice organizzazione regionale Pro Natura Abruzzo  

Comunicato stampa. Salviamo il Parco Sirente-Velino da speculatori e cacciatori.



Comunicato stampa.

Salviamo il Parco Sirente-Velino da speculatori e cacciatori.

Il Coordinamento Nazionale Alberi e Paesaggio (CONALPA) si unisce alla protesta delle altre numerose associazioni ambientaliste in merito all'assalto contro il Parco Regionale Sirente-Velino in Abruzzo.
Inaccettabile e sconsiderata è la proposta del consigliere Regionale PDL Luca Ricciuti per la riperimetrazione del Parco Sirente-Velino con un taglio di oltre 4000 ettari da dare in pasto a speculatori e cacciatori. La proposta di esclusione interessa una zona che va dalla Piana di Campo Felice a Punta dell'Azzocchio fino a Monte Rotondo, le pendici nei Piani di Pezza, l'area prativa alluvionale tra Rocca di Cambio, Terranera e Rocca di mezzo. Si tratta di un assalto contro aree di notevole pregio naturalistico con specie altamente protette dalla Direttiva 94/43/CEE "Habitat" e della Direttiva 79/409/CEE "Uccelli". All'interno di quest'area del Parco Sirente-Velino sono presenti specie botaniche rarissime come il Sedum nevadense che è noto in Italia solo a Campo Felice, oppure la Gentiana pneumonanthe, la Klasea lycopifoia, il Myosurus minimus, la Sesleria uliginosa, oltre a una importante area interessata dall'Orso Marsicano, individuato nella zona di Monte Rotondo-Piani di Pezza.
Inoltre bisogna sottolineare che la violazione di queste aree di notevole interesse ambientale ci porterà a una procedura di infrazione con l'Unione Europea, tutto a carico degli abruzzesi, già stremati dalla crisi economica. 
Tale progetto di svincolo di tutela è l'ennesimo tentativo di trasformare l'Abruzzo Regione Verde d'Europa in una terra da depredare dove il valore della Natura e della bellezza devono essere per forza calpestati.
Il CONALPA ribadisce la propria totale contrarietà a questo atto folle di riperimetrazione del Parco Sirente-Velino, un paradiso terrestre che ci è invidiato in tutto il mondo e unico nel suo genere. La Regione Abruzzo deve promuovere tutte le azioni possibili per il turismo sostenibile, vera sfida per il futuro, capace di creare una fortissima economia che può fare solo del bene alle popolazioni abruzzesi.
Ci auspichiamo quindi che questo appello venga accolto dalla politica abruzzese, sperando che si torni a fare la "vera politica" a favore del territorio, invece di dare spazio ai soliti "conquistadores" promotori del turismo usa e getta e della rovina del nostro Paesaggio.


Dott. Alberto Colazilli

Presidente del Coordinamento Nazionale Alberi e Paesaggio.

lunedì 9 dicembre 2013

A Natale riesplode la moda degli alberi morti decorati a festa.

A Natale riesplode la moda degli alberi morti decorati a festa.
Migliaia sono gli abeti uccisi per abbellire le piazze d'Italia.


Arrivano le feste natalizie e torna la moda degli alberi Natale, o meglio, la moda degli alberi morti decorati per le feste. Quasi epico, quest'anno, il posizionamento del monumentale albero di Natale a Piazza del Duomo a Milano. Questo colosso è alto 30 metri e ci sono volute 24 persone per gestire il taglio, il trasporto e il posizionamento dell'esemplare. Stessa cosa per il colossale abete posizionato in Piazza San Pietro, alto 25 metri con un peso di 7,5 tonnellate e trasportato dalla Baviera con un Tir. A Piazza Venezia a Roma, un altro albero gigantesco, sempre morto, arriva dalla Valtellina, decorato con 30 mila luci al LED e trasformato in un simbolo della pace. 
Insomma, sono migliaia e migliaia gli abeti di Natale che vengono posizionati morti nelle Piazze d'Italia. Ma la cosa più sconcertante è che nessuno parla di questo albericidio! Sui giornali e nelle tv quasi si esalta questo rito che molti definiscono una "bella notizia" che fa piacere alla massa! Nessuno vuole parlare di un Natale all'insegna della riforestazione, per cambiare finalmente le cose e lanciare una cultura green che rispetti i grandi alberi. Eppure siamo in tempi di crisi! Ma ci rendiamo conto di quanto viene a costare il taglio, il trasporto e il posizionamento di un albero di Natale di 30 metri di altezza? C'è da chiedersi se non ci sia dietro una Lobby incredibilmente forte e potente che mantiene in piedi questa macabra ricorrenza del culto dell'albero morto o morente. Anche i piccoli comuni fanno a gara per scegliere l'albero maestoso nella propria piazza. Eppure basterebbe, dove è possibile, realizzare delle aiuole e piantarvi degli alberi accuratamente scelti, curarli e poi addobbarli nelle feste natalizie ogni anno. Sicuramente un lavoro che costa molto meno di un trasporto e posizionamento di alberi tagliati. Si può subito immaginare il costo della sola gru per il posizionamento, il costo del viaggio, il costo degli operai per sistemarlo, il costo delle luci, delle sfavillanti decorazioni ecc... Inoltre, da sottolineare che questi mega-progetti di posizionamento di abeti morti hanno anche degli sponsor che poi amano farsi pubblicità ai piedi dei feticci o con marchio inserito tra le decorazioni.



Come CO.N.AL.PA. - Popolo degli Alberi e dei Giardini abbiamo realizzato un interessante lavoro tecnico-scientifico per informare ed educare sulla messa a dimora e sul rispetto degli alberi di Natale. http://www.conalpa.it/progetti-del-conalpa/consigli-per-rispettare-gli-alberi-di-natale-di-alberto-colazilli-e-kevin-cianfaglione.
In questa nostra battaglia per salvare gli alberi di Natale, spesso ci è capitato di arrivare a polemiche con alcuni addetti ai lavori, con vivai, anche con agronomi che hanno difeso strenuamente questi tagli di abeti che loro definiscono "mirati", che sono il risultato di tagli di diradamento nei boschi. Inoltre, ci è stato detto che è inutile prendersela per degli alberelli che comunque sono produzioni di vivaio e che fanno sostanzialmente il loro lavoro! Il controsenso sta proprio qui, che quegli alberelli non fanno il loro lavoro di alberi, perdono totalmente la loro dignità e bellezza e diventano dei semplici "oggetti"Quando si comincia a parlare di migliaia di grandi alberi che ogni anno vengono uccisi per una festività, c'è veramente da preoccuparsi, soprattutto per il cattivo messaggio che ne vien fuori, soprattutto pensando alle problematiche climatiche e territoriali che affliggono ultimamente l'Italia! Ci è stato risposto: sono più gravi i problemi della deforestazione che quelli dedicati agli abeti tagliati per Natale! Affermazione che non ha alcun fondamento e che è invece solo un modo per difendere chissà quali interessi. Se non riusciamo a educare i cittadini alla cultura dell'"Albero vivo" come facciamo ad educarli pure al rispetto delle foreste e dello stesso territorio! Come si fa a predicare la cura del Creato se poi si sponsorizza un taglio di un abete gigantesco? Per alcuni grandi abeti, tipo quello del Vaticano, si parla di riuso del legno che verrà utilizzato per fare mobili, sculture o oggetti vari. Almeno non saranno rifiuti in discarica. Ogni scusa è buona per giustificare l'abbattimento di grandi abeti durane le festività natalizie.  


Il Natale dovrebbe essere il momento più alto dell'anno per rilanciare la cultura degli alberi. Noi, con il nostro articolo tecnico-scientifico, abbiamo dato ampia importanza alle varietà mediterranee che si possono utilizzare al posto degli abeti nordici, che purtroppo rischiano di deperire nei nostri climi più caldi. Tra le specie migliori per i nostri climi: il Pino di Aleppo, i ginepri della macchia mediterranea, il Cedrus libani, Cedrus atlantica, Cedrus deodara e Cupressus sempervirens, oppure gli allori potati a cono, i lecci e i ligustri pure potati a cono; e per finire il bellissimo Taxus baccata. Non c'è bisogno di fare massacro di esemplari secolari alti 30 metri spendendo tanti soldi e dando un'immagine "sporca" del Natale. Basta informarsi un pò, basta fare un pò di educazione ambientale per andare oltre. Si è fatta tanta polemica anche sugli alberi finti, che possono essere inquinanti o trasformati in rifiuto speciale quando non servono più. In realtà ci sono alberi finti realizzati in materiali ecocompatibili che permettono di costruire splendidi abeti di Natale, smontabili e rimontabili ogni anno, di tutte le dimensioni, sia in casa che nelle piazze. E' chiaro che l'albero finto non potrà mai sostituire la bellezza di un albero vero e vivente, con i suoi odori, profumi, colorazioni e magie.
La festa del Natale dovrebbe essere la festa della riforestazione, delle giornate green all'insegna dell'albero, del culto dell'albero vivo che viene valorizzato e tutelato. Invece, purtroppo, non è così! E si fa moltissima fatica a farlo capire sia alle Amministrazioni pubbliche che alla moltitudine dei privati cittadini. Quegli alberi morti, che poi diventeranno legna da ardere o rifiuto in discarica, sono solo un'esaltazione del consumismo sfrenato, simboli del macabro rito dell'"usa e getta", che non c'entra nulla con il rito di "rinascita" promosso dal Natale. E a Gennaio, quando l'euforia delle feste sarà ormai finita, non può che piangerci il cuore davanti a quegli innocenti abeti gettati in prossimità dei cassonetti dei rifiuti. E sono tantissimi! Una totale inciviltà che ci rende sempre più lontani dalla Madre Natura. Fermiamo questa deriva culturale!
Alberto Colazilli

venerdì 6 dicembre 2013

A CHI FA PAURA L'ALBERO? La fobia malsana e dilagante dell'"albero killer"

A CHI FA PAURA L'ALBERO?
La fobia malsana e dilagante dell'"albero killer"

Un pino domestico crollato al suolo per colpa del maltempo -  foto Alberto Colazilli (Archivio Co.n.al.pa.)

Roma, 1 dicembre 2013. Una tempesta di vento fa crollare un imponente Pinus pinea sulla Cristoforo Colombo che schiaccia un povero motociclista di passaggio. Torna la polemica degli "alberi killer" che uccidono senza pietà inermi cittadini di passaggio! Un precedente nel 2009 quando morì un altro motociclista sempre sulla Cristoforo Colombo. I pini, improvvisamente, diventano pericolosissimi e vanno domati nella maniera più drastica possibile, anche con potature anti-estetiche. E' cosa rispondono gli addetti ai lavori: lo si fa per la sicurezza e l'incolumità delle persone. 
Sui giornali si legge subito che l'albero è diventato un assassino! Una volta l'albero era visto come un importantissimo essere vivente produttore di ossigeno e generatore di vita sulla terra!  Ma come? Adesso sono diventati dei mostri? A chi fa veramente paura l'albero? Chi alimenta il mito degli "alberi killer"?
Occorre fare un'attenta riflessione perchè la situazione è già molto grave. Gli albericidi in molte regioni d'Italia hanno provocato danni ingentissimi al patrimonio storico-paesaggistico nazionale. E si tratta di danni irreversibili!  
Basta finire contro un albero, per l'alta velocità, per l'alcool, per la droga o per distrazione e subito sui giornali si legge che l'automobilista è stato ucciso dall'albero. E la "caccia all'albero killer" diventa feroce, promossa anche dalle alte sfere, con squadre di operai in assetto da combattimento armati di motoseghe fumanti, dando sfogo ai propri istinti omicidi e diventando simbolo di un pericoloso imbarbarimento della cultura italiana.
Contemporaneamente, in alcuni paesi anglosassoni, paesaggisti e amministrazioni pubbliche  fanno studi intelligenti sulle alberature stradali; si è scoperto infatti che gli alberi piantati lungo le strade possono diventare fondamentali per la diminuzione della velocità in prossimità dei centri abitati.
Tra chi ama veramente gli alberi e il paesaggio è piombata indignazione e moltissima tristezza. Le notizie di drastiche potature o di abbattimenti in massa ci cadono addosso come macigni. E  ci sentiamo impotenti, con le mani legate, quasi a lottare contro un "muro di gomma" di indifferenza e di paura. La mania persecutoria dell'albero killer dilaga ovunque, parallelamente alla crisi economica e alla crisi isterica del popolo italiano sempre più infelice e rissoso. Aumentano i cittadini impauriti di ogni vento forte, nevicata o pioggia. E più gli eventi diventano estremi più il terrore si fa acuto e implacabile. Come si fa a vivere così, sempre depressi e violenti, sospettosi non solo del vicino di casa ma anche dello stesso povero alberello davanti al recinto o in giardino!? Bisogna capitozzarlo perchè i rami possono cadere sulla macchina, sul recinto, sul muretto nuovo appena rifatto, sulla casa del vicino, sul tetto... Bisogna reprimere la vigorosità degli alberi perchè sono troppo imponenti e quindi diventano pericolosi! Un albero troppo alto non può essere gestito quindi va riabbassato e va rieducato! E' l'apoteosi del dominio dell'uomo sulla Natura. A questi livelli di stupidità ci si arriva per colpa di una errata informazione che crea il panico e il mito dell'albero schiaccia uomini e della Natura psicotica, killer spietata che punisce. E il tutto viene peggiorato dalle continue richieste di risarcimento danni da parte di cittadini irrequieti pronti a spillare soldi alle amministrazioni già in rosso. La lettera dell'avvocato, la sentenza del giudice, la macchina colpita dal ramo caduto dopo la nevicata, la signora caduta sulle radici affioranti sul marciapiede... e chi più ne ha più ne metta.
Si taglia, si elimina tutto senza neppure informare i cittadini sul perchè è caduto un albero. I cestelli con le gru che si allungano su per il cielo, il rombo assordante delle motoseghe, l'odore della linfa degli alberi o della resina dei pini che ti annuncia l'avvenuto massacro. Sono veramente pochi quelli che spiegano senza giri di parole le cose come stanno. Se gli alberi cadono e uccidono è perchè ci sono cause principalmente antropiche che riguardano proprio la gestione dell'apparato radicale dell'albero e la manutenzione intelligente della chioma. E poi ci sono le cure fitosanitarie, la carenza di controlli per dagnosticare eventuali marciumi o malattie del legno. Tali problemi, poi, esplodono quando ci sono eventi meteorologici estremi.
E' pura follia abbattere tutti gli alberi e creare il deserto nelle città. Casomai si deve colpire con durezza chi va a tagliare le radici con lavori di manutenzione sulle strade e chi ha potato male destabilizzando l'albero fino a renderlo pericolosissimo. Chi uccide è sempre l'uomo, che non vuole più comunicare con la Madre Natura. Come non evidenziare quegli episodi eclatanti in cui certi alberi vengono ridotti ai minimi termini, distrutti nella chioma o addirittura abbattuti perchè si dice possono cadere al suolo con le nevicate! Della serie: elimino la causa alla radice. Quando in realtà basterebbe un pò di sana manutenzione fatta da personale esperto!
Come si fa a uscire da questa spirale di paura per la Natura che poi si trasforma in albericidio? Una cosa sola si può fare: ricominciare con l'educazione ambientale nelle scuole e fare più informazione possibile nella maniera intelligente, utilizzando tutti i canali mediatici, spiegando che chi manomette la stabilità degli alberi non fa altro che provocare danni a persone o cose. A questi livelli di fobia estrema e ben radicata nel tessuto sociale anche le leggi di tutela rischiano di non essere efficienti. I privati cittadini, purtroppo, vengono lasciati da soli di fronte a situazioni difficili. Le Amministrazioni diventano latitanti sul territorio e per risparmiare soldi fanno fare delicatissimi lavori di gestione del verde di pregio a persone che non capiscono nulla di radici degli alberi o potature, causando danni gravissimi che poi si possono ripercuotere sulle attività sociali.
Alberto Colazilli

ALLUVIONE IN ABRUZZO: DOCUMENTO DI ANALISI E PROPOSTA DELLE ASSOCIAZIONI AMBIENTALISTE E DEI MOVIMENTI

ALLUVIONE IN ABRUZZO: DOCUMENTO DI ANALISI E PROPOSTA DELLE ASSOCIAZIONI AMBIENTALISTE E DEI MOVIMENTI

Di: Forum Abruzzese dei Movimenti per l'Acqua, Abruzzo Social Forum, Stazione Ornitologica Abruzzese ONLUS, Marelibero.org, WWF, Legambiente, LIPU, Italia Nostra, Ass. I Colori del Territorio, Aria Nostra Scafa, ProNatura, Centro Sociale Zona22, Coordinamento Nazionale Alberi e Paesaggio, Associazione Antimafie Rita Atria, PeaceLink Abruzzo, Associazione Culturale Peppino Impastato - sez. Abruzzo, Cobas


In Abruzzo una superficie pari a 85.000 campi di calcio (51.800 ettari) è urbanizzata. Dati e numeri ISTAT 2011 elaborati da Legambiente evidenziano lo stato critico dell’uso del suolo in Abruzzo. La media regionale di cementificazione è del 4,74%, con un tasso di crescita del 9% negli ultimi dieci anni, superiore alla Lombardia (8%) e al Veneto (7,3%). La più urbanizzata risulta la provincia di Pescara con il 7% del territorio interessato e un totale di 8.600 ettari; seguono la provincia di Teramo con il 6,10% (11.900 ha), la provincia di Chieti con il 5,88% (15.200 ha); e chiude la provincia dell’Aquila con il 3,08% (15.500 ha). Tra i Comuni capoluogo, maglia nera al Comune di Pescara, con una superficie urbanizzata pari al 77,36%. Il Comune di Chieti è al 26,68%, il Comune di Teramo all’8,82% e il Comune dell’Aquila il 7,99%. Malissimo i comuni costieri: il 35,07% di costa pescarese è urbanizzata, la costa teramana per il 24,29% e la chietina per il 13,40%.
La fascia costiera è fortemente antropizzata per il 63% (e per le aree con spiaggia questa percentuale sale a oltre l'80%). Tra il 1998 e il 2011 abbiamo perso ulteriori 7 km.

Si sa cosa bisogna fare.

CONSUMO DI SUOLO ZERO
La Regione Abruzzo, attraverso una rivisitazione del Piano Paesistico Regionale, della Legge Urbanistica e della famigerata Legge Edilizia (quest'ultima approvata nel settembre 2012 e foriera di una vera e propria colata di cemento sul territorio) deve imporre uno stop completo all'utilizzo di nuovo suolo per infrastrutture e strutture (case, capannoni ecc.) e un azzeramento delle nuove cubature rispetto all'esistente, promuovendo una progressiva riqualificazione dell'esistente aumentanto l'impermeabilità dei suoli oggi coperti.
Esistono vastissime aree già urbanizzate e cementificate in situazione di degrado, abbandono oppure non utilizzate (basti pensare al numero di capannoni industriali abbandonati e al numero di case sfitte).
Da decenni è nota la relazione diretta tra cementificazione del suolo e aumento della frequenza di eventi disastrosi.

I Comuni devono subito approvare varianti di salvaguardia nei PRG per escludere l'occupazione di nuovo suolo (Piani Regolatori a Consumo Zero di suolo). I Comuni (addirittura molti di quelli a massimo rischio come Montesilvano!) che hanno recepito gli enormi premi di cubatura (senza neanche sottoporre a Valutazione Ambientale Strategica l'operazione!) del cosiddetto Piano Casa e dell'incredibile Legge Edilizia regionale appena approvata (che prevede premi di cubatura fino al 50%) devono subito fare marcia indietro, anche perchè aumento di cubature significa aumento di persone a rischio nei momenti drammatici delle alluvioni.
I Comuni devono regolare la tassazione sulle case sfitte e sugli edifici abbandonati per facilitare il loro riutilizzo (o l'abbattimento qualora strutture inutilizzabili per aumentare la permeabilità dei suoli).

BASTA NUOVE STRUTTURE IN AREE A RISCHIO
Sembrerà pazzesco ma ancora oggi vengono approvate infrastrutture dal costo di decine di milioni di euro in aree a rischio. Basti pensare alla vergognosa situazione della Teramo-mare che crolla alle prime piogge nel tratto appena realizzato.
I “famosi” nuovi ponti sul Saline a Montesilvano e Città S. Angelo comportano la realizzazione di una nuova rete viaria che è parzialmente in aree a rischio di esondazione.
L'ANAS sta strenuamente portando avanti il progetto di realizzazione della variante alla Statale 17 in piena zona di esondazione del fiume Aterno. Attualmente gli elaborati sono all'esame del comitato VIA (si veda qui sotto una delle proposte avanzata dall'ANAS, riportata sulle mappe di rischio del Piano regionale sul rischio alluvioni).

Tutto ciò è possibile perchè nella normativa del Piano Stralcio rischio Alluvioni basta un'autocertificazione dell'ente proponente sull'impossibilità di delocalizzare l'opera ed il gioco è fatto per realizzare l'opera anche nella aree R4 di massimo rischio!
Bisogna quindi bloccare ogni nuova opera infrastrutturale in aree a rischio senza possibilità di deroghe.

LA QUESTIONE MEGALO'
In questi giorni il dibattito sul centro commerciale Megalò a Chieti scalo è stato, in qualche caso, fuorviante. Intanto bisogna sottolineare che Megalò 1, il centro già realizzato, non è stato sottoposto a Valutazione di Impatto Ambientale, nonostante fosse obbligatoria già nel 2001.
Il problema dal punto di vista del rischio idraulico non è solo la fine che può fare Megalò, ma il fatto che questa struttura ha sottratto spazi al fiume Pescara proprio con quell'argine posto a sua protezione. L'acqua che oggi è costretta a scorrere verso valle (quindi verso Pescara!) doveva sfogarsi proprio nell'area oggi coperta dal centro commerciale. C'è stato un vero e proprio trasferimento del rischio verso i cittadini che abitano a valle.
Un centro commerciale con un argine di 11 metri si può evacuare, una città a valle no!
Questa è la lettura da dare alla situazione di Megalò da un punto di vista del rischio.
Pertanto è necessario:
-annullare decisioni scandalose come la pronuncia positiva del Comitato VIA su Megalò 2 nonché il permesso a costruire rilasciato dal Comune di Chieti ad Ottobre 2013;
-che il Comune di Chieti ritiri ogni appoggio al ricorso al TAR presentato dai proprietari delle aree (società AKKA) dove si vuole costruire il cosiddetto Megalò 3, che è stato bocciato dal Comuitato VIA dopo un'estenuante lotta delle associazioni e del consigliere Maurizio Acerbo;
-adoperarsi per mitigare e compensare l'aumento di rischio per le aree a valle derivante dall'occupazione delle aree da parte di Megalò 1. Non vorremmo che prendano piede proposte per peggiorare ulteriormente la situazione a valle realizzando ulteriori argini per difendere il centro commerciale.
-che i comuni a valle che subiscono il rischio di Megalò e di tutte le sue varianti, a partire dal comune di Pescara, si adoperino per bloccare ogni eventuale espansione, opponendosi al ricorso al TAR presentato dai proponenti di Megalo 3 e per evitare che si realizzi il Megalò2, riconquistando nuove aree per far sfogare il Pescara.

I CAMBIAMENTI CLIMATICI: CON L'AUMENTO DEGLI EVENTI ESTREMI DEVE CAMBIARE LA PIANIFICAZIONE
Tutti i Piani regionali, provinciali e comunali in Abruzzo sono stati ideati e redatti senza tenere in minimo conto la questione dei cambiamenti climatici, nonostante precise indicazioni provenienti da più di un decennio dall'ONU e dalla Commissione Europea. Queste istituzioni invitavano (e in alcuni casi obbligavano) gli Stati a dotarsi di una strategia di mitigazione e adattamento agli effetti dei Cambiamenti climatici
Infatti, sin dal 2001 l'Intergovernmental Panel on Climate Change divulgava il terzo rapporto sui cambiamenti climatici redigendo una versione semplificata per i “policymaker” (i decisori, come politici e tecnici) in cui tutto quanto sta accadendo al ciclo idrico era ampiamente previsto (in particolare i risultati del secondo gruppo ddi lavoro, dal titolo "Climate Change 2001 - Working Group II: Impacts, Adaptation and Vulnerability" (http://www.grida.no/publications/other/ipcc_tar/).

Nonostante i numerosi richiami scritti e gli interventi pubblici da parte delle associazioni ambientaliste il principale responsabile tecnico in materia di acque e opere pubbliche della Regione Abruzzo, l'Ing. Caputi, e, in generale, tutti gli organismi politici e le strutture tecniche della Regione Abruzzo e degli enti locali, sono risultati refrattari a questi richiami.

I cambiamenti climatici già osservati, secondo l'ultimo rapporto dell'IPCC (2013).

Sono stati così partoriti Piani stralcio del rischio alluvioni e frane che non tengono in alcuna considerazione i cambiamenti nel regime idrologico delle acque ormai evidenti a tutti e ben studiati a livello nazionale ed europeo. Le mappe che sono disponibili sono basate su modelli ormai obsoleti e su dati di precipitazioni e portate dei fiumi risalenti spesso agli inizi del novecento! Si consideri che le mappe del rischio alluvione classificano le aree a rischio tenendo in considerazione le portate delle piene con tempo di ritorno di 200 anni calcolate, appunto, con dati ormai del tutto inattendibili. Sia la frequenza degli eventi climatici estremi sia i picchi di portata sono ormai stravolti rispetto al passato ed è necessario aggiornare con urgenza le cartografie e la classificazione delle aree che sono alla base di qualsiasi valutazione di opere pubbliche e private.

La proiezione della frequenza degli eventi estremi di precipitazione inserito nell'ultimo rapporto dell'IPCC.

Una prima modifica può essere introdotta velocemente, prima di aggiornare in maniera più approfondita con dati relativi all'attuale regime di precipitazione modificato dai cambiamenti climatici e delle relative proiezioni per i prossimi decenni già disponibili, prendendo in considerazione per l'analisi della compatibilità idraulica delle varie opere il livello di piena con ritorno di 500-1000 anni – le più intense - e non quello di 200 anni.
Inoltre bisogna assolutamente provvedere a realizzare mappe del rischio per i bacini minori (come quelli della costa teramana, dal Cerrano al Calvano al Borsacchio) che sono fonte di grande preoccupazione in quanto in quei casi le piene avvengono molto rapidamente ed è difficile poter dare un preavviso ai cittadini.
E' ancora più criticabile il fatto che il Piano di Tutela delle Acque, adottato nel 2010 dall'attuale Giunta Regionale, non abbia tenuto in alcuna considerazione i cambiamenti climatici. Addirittura, nell'unico incontro pubblico realizzato dalla Regione Abruzzo, il coordinatore scientifico Prof. Celico, alle rimostranze dei numerosi ambientalisti presenti che richiamavano le strategie comunitarie in materia di adattamento, ha messo in dubbio l'esistenza stessa dei cambiamenti climatici!
Il Piano, che disciplina tutti gli usi dell'acqua, dall'agricoltura all'idropotabile (calcolando anche il Deflusso Minimo Vitale per i fiumi), è quindi del tutto inservibile per una società che corre forti rischi a causa dei cambiamenti climatici. Bisogna quindi modificarlo profondamente tenendo conto degli indirizzi contenuti nel documento “Managing the Risks of Extreme Events and Disasters to Advance Climate Change Adaptation” pubblicato nel 2012 dall'IPCC (è disponibile sul sito dell'IPCC, ed è stata redatta anche una versione ridotta per i policymaker).

LE COSTE SONO A FORTE RISCHIO, LA GIUNTA REGIONALE VUOLE AGGRAVARE I RISCHI
La Giunta Regionale Chiodi ha appena varato una modifica al Piano del Demanio marittimo volto ad appesantire ulteriormente l'infrastrutturazione e la cementificazione delle spiagge, oggi devastate da mareggiate divenute frequentissime.
Con i cambiamenti climatici questi fenomeni, causati anche da sconsiderati interventi sui fiumi che hanno completamente alterato il regime di trasporto solido dei sedimenti da parte dei corsi d'acqua, con dighe, cave ecc,, saranno sempre più acuti e frequenti. Ciò anche a causa dell'innalzamento del livello del mare avvenuto negli ultimi decenni, anche senza considerare l'ulteriore e più severo innalzamento previsto per i prossimi anni.

La proiezione dell'innalzamento del livello medio marino secondo l'ultimo rapporto dell'IPCC a seconda dei diversi scenari di emissioni.

Il Piano del Demanio deve assolutamente puntare a ridurre le strutture sulle spiagge, aumentando le aree con dune, ormai ridotte a pochissimi tratti delle costa.

EDUCAZIONE DEI CITTADINI
La gran parte dei Comuni abruzzesi ha redatto Piani di Emergenza di Protezione Civile. Questi documenti restano solo mere indicazioni e non si trasformano in comportamenti virtuosi se non vengono illustrati alla popolazione in maniera capillare e con esercitazione periodiche. Dovrebbero essere istituiti sportelli per i cittadini desiderosi di essere informati sui rischi delle aree dove vivono, anche per lavoro e sui comportamenti da attuare in caso di rischio. Newsletter, opuscoli ecc. dovrebbero essere diffusi tra la popolazione. Le scuole dovrebbero essere assolutamente coinvolte (basti pensare al progetto Sicuri per Natura promosso dal WWF nelle scuole abruzzesi).
Purtroppo una parte dei decessi collegati agli episodi di maltempo sarebbe in parte evitabile con un'accurata educazione dei cittadini che devono saper come comportarsi in situazioni estreme evitando il panico.

FRANE, IDROLOGIA ED AGRICOLTURA
E' fondamentale introdurre pratiche agricole corrette ai fini della prevenzione e mitigazione dei rischi idrogeologici. Un terreno arato in una certa direzione piuttosto che in un'altra porta a risultati completamente diversi per quanto riguarda la velocità di ruscellamento, l'erosione del suolo e la possibilità di scatenare colate di fango o, peggio, frane. Il taglio boschivo se condotto in situazioni particolari di pendenza e di suolo può esacerbare i rischi di dissesto. La Commissione Europea chiede alle regioni di introdurre nel nuovo Piano di Sviluppo Rurale 2014-2020 specifiche misure (con relativi finanziamenti e contributi per gli agricolori virtuosi) per cambiare, se necessario, pratiche agricole non corrette.
Le aree agricole lungo i fiumi sono perfette e naturali aree di esondazione dove i fiumi possono “sfogarsi” abbassando così le portate che arrivano a valle e dando più tempo per organizzare evacuazioni e attività di prevenzione. Non bisogna per forza realizzare opere immense di escavo per realizzare aree di laminazione; in molti casi basta modificare gli argini attuali (è il caso delle aree a monte di Popoli) che stringono i fiumi per lasciarli esondare in maniera controllata verso campi assoggettati al vincolo di pertinanza idraulica.

NO A NUOVE OPERE E F35. FONDI PER LA MANUTEZIONE STRAORDINARIA DI PONTI, STRADE, BONIFICA DELLE DISCARICHE DI BUSSI E PER LA DELOCALIZZAZIONE DELLE STRUTTURE A RISCHIO
Le risorse per riqualificare e rinaturalizzare il nostro territorio ferito esistono. Solo che sono usate per altri scopi! Basti pensare agli F35 oppure alle cosiddette grandi opere. In Abruzzo si vuole puntare sull'ennesima grande strada, la Pedemontana, che costa oltre 500 milioni di euro di previsione, quando l'ANAS non ha i soldi per fare le manutenzioni ordinarie delle strade esistenti!
Lo studio di Abruzzo Engineering del 2004 sulle infrastrutture a rischio rilevava che alcune centinaia di ponti in Abruzzo avevano urgente bisogno di manutenzione straordinaria, soprattutto a causa di frane e dissesti incombenti. Ognuno aveva una scheda specifica. Cosa è stato fatto finora? In realtà quella situazione è anche peggiorata perchè con le cosiddette “bombe d'acqua” le luci di molti ponti non riescono a far defluire portate non previste al momento della costruzione.
Chiediamo ai parlamentari abruzzesi di attivarsi già dalla legge di Stabilità, per togliere fondi ad opere inutili, cacciabombardieri e cannoniere per dirottarli sulla manutenzione straordinaria del territorio, che non deve basarsi su ulteriori colate di cemento ma su interventi di ingegneria naturalistica, delocalizzazione di infrastrutture e immobili a rischio, sulla bonifica delle megadiscariche (come Bussi) e delle microdiscariche lungo i fiumi prima che vengano travolte dalle acque e alla rinaturalizzazione del territorio.

Aurelio Manzi - breve storia dei boschi planiziari. Intervento al Convegno "L'Albero della Vita". Bosco Don Venanzio a Pollutri (CH)

Convegno L'Albero della Vita al Bosco di Don Venanzio (CH). Le foto della giornata.






















A chi fa paura l'albero - Intervento di Alberto Colazilli (CO.N.AL.PA.)